1. Il concetto di comunità energetica: una rivoluzione collettiva
Negli ultimi anni, il termine comunità energetica ha guadagnato crescente rilevanza nel panorama energetico italiano ed europeo. Si tratta di un modello innovativo di produzione, condivisione e consumo di energia rinnovabile, basato su una logica collaborativa piuttosto che individuale. È un approccio che rompe lo schema classico del rapporto unidirezionale tra produttore e consumatore, aprendo invece le porte alla figura del prosumer, ovvero colui che produce e consuma energia allo stesso tempo.
Le comunità energetiche nascono grazie a una serie di direttive europee, in particolare la Direttiva UE 2018/2001 (RED II) e la Direttiva UE 2019/944, recepite in Italia con il Decreto Legislativo 199/2021 e ulteriormente dettagliate con il Decreto CER pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 gennaio 2024. Questi riferimenti normativi sanciscono il diritto per cittadini, enti pubblici e imprese di costituire comunità per la produzione e la condivisione di energia da fonti rinnovabili.
Il principio base è semplice ma rivoluzionario: un gruppo di soggetti che si trovano nella stessa zona di cabina primaria si associa per produrre energia da fonti rinnovabili – tipicamente tramite impianti fotovoltaici – e condividerla tra i membri. L’energia condivisa viene valorizzata economicamente tramite incentivi statali e benefici fiscali, rendendo il modello vantaggioso non solo sotto il profilo ambientale, ma anche economico.
Per il cittadino che desidera installare un impianto fotovoltaico sul proprio tetto, partecipare a una comunità energetica può rappresentare un’evoluzione naturale, con vantaggi tangibili e misurabili. Tuttavia, come spesso accade quando si parla di energia, è necessario comprendere con precisione il funzionamento, le normative, e le opportunità reali per evitare delusioni e per sfruttare al massimo il potenziale del proprio investimento.
2. Il fotovoltaico domestico: come cambia con le CER
Un impianto fotovoltaico domestico tradizionale è pensato per ridurre la dipendenza dalla rete elettrica nazionale, abbattendo i costi in bolletta grazie all’autoconsumo. Fino a pochi anni fa, il principale meccanismo di valorizzazione dell’energia prodotta e non autoconsumata era lo Scambio sul Posto (SSP), che permetteva di compensare l’energia immessa in rete con quella prelevata.
Tuttavia, lo Scambio sul Posto è stato ufficialmente sostituito per i nuovi impianti dai meccanismi previsti per le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) e per l’autoconsumo collettivo, come definito dal GSE (Gestore dei Servizi Energetici). Questo cambiamento non è solo normativo ma culturale, perché sposta l’attenzione dal singolo utente alla dimensione collettiva del consumo energetico.
Nel nuovo contesto, chi installa un impianto fotovoltaico domestico può decidere di destinare l’energia non autoconsumata alla comunità energetica, ottenendo in cambio un incentivo erogato dal GSE pari fino a 110 €/MWh (dato aggiornato 2025), oltre al risparmio diretto sulla bolletta e ai proventi dalla vendita dell’energia residua.
L’incentivo, riconosciuto per 20 anni, premia l’energia condivisa, ovvero quella prodotta da un membro della comunità e simultaneamente consumata da un altro membro collegato alla stessa cabina primaria. Questo meccanismo di condivisione virtuale è reso possibile da un sistema centralizzato di misura e compensazione, che non richiede modifiche strutturali agli impianti o alle connessioni elettriche esistenti.
Il risultato è che un impianto fotovoltaico domestico può oggi generare un ritorno economico più stabile e sicuro grazie alla partecipazione in una CER, rispetto a quanto garantito dallo Scambio sul Posto. Ma attenzione: la convenienza effettiva dipende da molti fattori, come la dimensione dell’impianto, il profilo di consumo, il numero di membri della comunità e la loro distribuzione oraria dei prelievi.
3. Come funziona una comunità energetica rinnovabile
Una comunità energetica non è un’entità astratta ma un soggetto giuridico definito dalla legge, spesso costituito sotto forma di associazione, cooperativa o consorzio. I membri della comunità devono trovarsi nella stessa area di cabina primaria, una condizione tecnica verificabile tramite il portale del GSE o attraverso il supporto di tecnici specializzati.
La comunità può essere costituita da cittadini, enti pubblici, piccole e medie imprese, enti religiosi e del terzo settore. Ciascun membro può avere o meno un impianto fotovoltaico: anche chi non ha un impianto può partecipare come consumatore, beneficiando della condivisione e degli incentivi, sebbene in misura diversa rispetto ai produttori.
Il meccanismo di funzionamento è orchestrato dal GSE, che si occupa della misura dei flussi energetici, del calcolo dell’energia condivisa e della distribuzione degli incentivi. L’energia prodotta dagli impianti della comunità entra nella rete pubblica, ma viene “virtualmente” attribuita ai membri in base ai loro consumi e alle regole interne alla comunità.
Questo significa che non è necessario avere connessioni fisiche dirette tra i membri, né particolari modifiche agli impianti elettrici esistenti. La condivisione è virtuale e digitale, ma con effetti economici ben reali.
Uno dei punti di forza delle comunità energetiche è la loro flessibilità gestionale. Ogni comunità può decidere le proprie regole interne, stabilire come ripartire gli incentivi tra i membri, adottare modelli di governance partecipata, e investire in nuovi impianti collettivi per aumentare la quota di energia condivisa.
Tuttavia, gestire una CER richiede competenze tecniche, legali e amministrative. Per questo motivo stanno nascendo numerose società di servizi energetici (ESCO), cooperative energetiche e piattaforme digitali che supportano la creazione e gestione delle comunità, rendendo il modello accessibile anche ai privati cittadini.
4. Vantaggi economici e ambientali per chi installa un impianto fotovoltaico
Entrare in una comunità energetica rappresenta oggi una delle soluzioni più avanzate e sostenibili per massimizzare il rendimento di un impianto fotovoltaico domestico. I vantaggi sono molteplici, sia sotto il profilo economico sia sotto quello ambientale.
Dal punto di vista economico, oltre al risparmio sulla bolletta grazie all’autoconsumo, il produttore riceve un incentivo sull’energia condivisa (fino a 110 €/MWh nel 2025), e può vendere l’energia in eccesso sul mercato tramite il meccanismo del ritiro dedicato. A differenza dei vecchi meccanismi come lo Scambio sul Posto, oggi il produttore può contare su entrate stabili e previste per 20 anni, una condizione particolarmente favorevole in un contesto di instabilità dei mercati energetici.
L’incentivo, va sottolineato, è cumulabile con il credito d’imposta del 50% per ristrutturazioni edilizie, applicabile agli impianti fotovoltaici domestici fino a 20 kW, e con l’IVA agevolata al 10%. Tuttavia, non è cumulabile con il Superbonus 110% se ancora utilizzabile, che però, nel 2025, è stato sostituito da incentivi più contenuti e mirati, come il Bonus Ristrutturazioni o il nuovo Bonus CER per le comunità energetiche nei comuni sotto i 5.000 abitanti, previsto dal PNRR.
Sul piano ambientale, la partecipazione in una comunità energetica favorisce una maggiore penetrazione delle fonti rinnovabili, contribuendo alla decarbonizzazione del sistema energetico e alla riduzione delle emissioni di CO₂. A livello sociale, le CER possono ridurre la povertà energetica, promuovendo la partecipazione di soggetti vulnerabili e garantendo un accesso equo all’energia pulita.
C’è poi un valore aggiunto meno tangibile ma fondamentale: la creazione di capitale sociale. Una comunità energetica stimola la collaborazione tra cittadini, enti pubblici e imprese locali, rafforzando il tessuto sociale e generando nuove forme di economia locale, basate su modelli più equi e resilienti.
5. Cosa serve per entrare in una CER: aspetti pratici e tecnici
Per chi possiede già un impianto fotovoltaico, oppure intende installarlo a breve, partecipare a una CER è oggi più semplice rispetto al passato, grazie alla piena operatività del quadro normativo e alla nascita di numerose piattaforme e servizi dedicati.
Il primo passo è verificare la zona di cabina primaria, che delimita l’area geografica entro la quale è possibile condividere energia. Questa informazione può essere ottenuta tramite un tecnico, un installatore, oppure tramite il portale del GSE.
Successivamente, è necessario entrare in contatto con una comunità energetica esistente o costituirne una nuova. In entrambi i casi, è importante definire uno statuto, stabilire le regole di funzionamento e identificare un soggetto giuridico che rappresenti la comunità nei rapporti con il GSE.
Dal punto di vista tecnico, l’impianto fotovoltaico deve essere connesso in bassa tensione, avere potenza non superiore a 1 MW e non deve aver ricevuto altri incentivi in conto energia (come il vecchio Conto Energia). Deve inoltre essere dotato di contatore bidirezionale conforme alle specifiche del distributore locale.
Una volta costituita la comunità e registrati gli impianti, il GSE attiva la misura dell’energia condivisa e l’erogazione degli incentivi. I flussi economici possono poi essere ripartiti tra i membri secondo criteri stabiliti dalla comunità stessa: proporzionalmente ai consumi, in base all’apporto produttivo, o secondo logiche solidaristiche.
Infine, va considerato l’aspetto fiscale: gli incentivi ricevuti dalla comunità non concorrono alla formazione del reddito imponibile per le persone fisiche non esercenti attività d’impresa, rendendo il modello ancora più vantaggioso per i piccoli produttori domestici.
6. Una scelta strategica per il futuro energetico
Il modello delle comunità energetiche rappresenta una delle più concrete opportunità per accelerare la transizione energetica in Italia. L’installazione di un impianto fotovoltaico domestico non è più solo un investimento individuale, ma può diventare parte di una strategia collettiva che coniuga risparmio, sostenibilità e partecipazione attiva.
Grazie al nuovo quadro normativo e agli incentivi stabili, oggi è possibile trasformare il proprio tetto in una risorsa non solo per sé stessi, ma per l’intera comunità. Partecipare a una CER significa contribuire a un nuovo modo di vivere e produrre energia, più equo, distribuito e resiliente.
È fondamentale però approcciarsi con consapevolezza e competenza: valutare bene la redditività dell’impianto, comprendere il funzionamento tecnico e normativo delle CER, scegliere con cura i partner con cui collaborare. Solo così si può evitare l’effetto “moda” e costruire invece progetti solidi, duraturi e realmente vantaggiosi.
Il futuro dell’energia è collettivo, rinnovabile e condiviso. E le comunità energetiche ne sono l’espressione più concreta.