1. Introduzione: l’importanza del dimensionamento corretto
Nel contesto dell’efficienza energetica e della sostenibilità, il dimensionamento corretto di un impianto per la produzione di acqua calda sanitaria (ACS) rappresenta un elemento cruciale per garantire comfort, risparmio e durata degli impianti stessi. Una progettazione errata può comportare un consumo eccessivo di energia, costi di esercizio elevati, disagi per la famiglia e un’usura prematura del sistema. È quindi essenziale comprendere i criteri tecnici alla base del calcolo del fabbisogno di ACS e i parametri da considerare nella scelta della tecnologia più adatta.
Spesso si tende a sottovalutare questo aspetto, concentrandosi maggiormente sul riscaldamento invernale o sull’impianto fotovoltaico, ma l’ACS rappresenta una delle voci energetiche più costanti e significative in ambito residenziale, soprattutto nei mesi estivi quando il riscaldamento è spento. Inoltre, è un elemento centrale per accedere correttamente a incentivi fiscali e rispettare le normative vigenti.
Questo articolo si propone di guidarti attraverso una panoramica tecnica e aggiornata del dimensionamento di un impianto ACS, approfondendo le logiche di calcolo, le normative attuali, le tecnologie disponibili e le soluzioni più efficienti oggi sul mercato italiano.
2. Criteri fondamentali per il calcolo del fabbisogno di ACS
Il punto di partenza per il dimensionamento di un impianto ACS è la determinazione del fabbisogno giornaliero di acqua calda, espresso generalmente in litri al giorno a 40 °C. Questo valore si basa principalmente sul numero di persone presenti in casa e sulle loro abitudini di consumo.
Il fabbisogno medio giornaliero standard per persona, secondo quanto indicato dalle norme tecniche UNI/TS 11300-2 aggiornate e coerenti con la normativa vigente (in particolare in ottica di certificazione energetica degli edifici), è di circa 50-60 litri al giorno a 40 °C. Tale valore può variare in funzione della classe di efficienza dell’edificio, della presenza di dispositivi a risparmio idrico, della frequenza delle docce, e di altri comportamenti d’uso.
Il calcolo tiene conto anche della temperatura dell’acqua in ingresso, che può variare stagionalmente e geograficamente. In Italia, l’acqua in ingresso può avere una temperatura media annuale che varia dai 10 °C (in zone alpine) fino ai 16-18 °C nelle aree costiere del Sud.
Un esempio concreto: per una famiglia tipo di 4 persone, il fabbisogno giornaliero sarà quindi attorno ai 200-240 litri a 40 °C. Tuttavia, poiché l’acqua calda viene generalmente prodotta a temperature superiori (es. 60 °C nei boiler), è necessario un calcolo che tenga conto della miscelazione con acqua fredda. Utilizzando la formula:
V40 = V60 × (T60 – Tf) / (T40 – Tf)
Dove:
- V40 = volume utile a 40 °C
- V60 = volume disponibile a 60 °C
- T60 = temperatura del serbatoio
- Tf = temperatura dell’acqua fredda in ingresso
- T40 = temperatura richiesta (es. 40 °C)
È possibile stimare il volume reale da immagazzinare o da produrre istantaneamente.
Oltre al volume, bisogna considerare la potenza necessaria per scaldare l’acqua nel tempo richiesto, che dipende dal tipo di utilizzo (istantaneo o ad accumulo) e dalla sorgente di energia: pompa di calore, gas, resistenza elettrica o solare termico.
3. Tecnologie disponibili per la produzione di ACS: pro e contro
La scelta della tecnologia per la produzione di acqua calda sanitaria dipende da molteplici fattori: la fonte energetica disponibile, il comportamento dell’utente, lo spazio installativo, il budget, le esigenze di comfort e i vincoli normativi. Le soluzioni si suddividono principalmente in sistemi a produzione istantanea e sistemi ad accumulo.
Sistemi a produzione istantanea
Questi impianti producono acqua calda solo nel momento in cui viene richiesta. Sono compatti e ideali in abitazioni con spazio ridotto, ma hanno limiti di portata e di contemporaneità nell’uso. Le caldaie a gas a condensazione con produzione istantanea rappresentano una delle soluzioni più diffuse, sebbene oggi la tendenza sia quella di ridurne l’uso a favore di soluzioni elettriche e rinnovabili.
Sistemi ad accumulo
Nei sistemi ad accumulo, l’acqua calda viene prodotta e conservata in un bollitore per essere poi utilizzata quando necessario. Questi sistemi garantiscono maggiore comfort, soprattutto in caso di più utilizzi simultanei (es. docce in contemporanea), e si integrano bene con le fonti rinnovabili. In particolare, troviamo:
- Bollitori elettrici tradizionali: economici ma poco efficienti.
- Bollitori con pompa di calore integrata (scaldacqua a pompa di calore): molto efficienti, consumano circa un terzo rispetto a un boiler elettrico.
- Sistemi solari termici: particolarmente vantaggiosi nelle regioni soleggiate e se dimensionati correttamente.
- Impianti ibridi: che combinano pompa di calore, solare termico e/o caldaia a gas per massimizzare l’efficienza.
In abitazioni nuove o ristrutturate secondo i criteri NZEB (edifici a energia quasi zero), la soluzione più adottata è il sistema a pompa di calore con accumulo, eventualmente integrato con fotovoltaico e gestione smart dei carichi.
4. Come si dimensiona correttamente un bollitore o uno scaldacqua a pompa di calore?
Il cuore del dimensionamento è capire quanto accumulo serve per garantire il comfort richiesto senza sovradimensionare l’impianto, che comporterebbe costi inutili e sprechi energetici.
Per un bollitore elettrico, si dimensiona considerando che ogni persona consuma mediamente 40-60 litri al giorno a 40 °C. Quindi, per una famiglia di 4 persone, si può ipotizzare un accumulo da 150-200 litri. Tuttavia, con gli scaldacqua a pompa di calore, grazie alla maggiore efficienza e alla capacità di recupero, si possono ridurre leggermente questi valori, puntando su una taglia da 110-150 litri, a seconda del modello e dell’uso.
Molti modelli sono inoltre programmabili o gestibili da remoto, permettendo una produzione di ACS ottimizzata in funzione dei consumi reali e della disponibilità di energia (es. fotovoltaico).
La temperatura di esercizio dello scaldacqua gioca un ruolo chiave. Produrre acqua a 55-60 °C consente un buon compromesso tra comfort e riduzione del rischio di legionella, ma un impianto ben progettato prevede anche cicli di sanificazione termica automatica.
È inoltre importante valutare la classe energetica dell’apparecchio, oggi regolata dall’etichettatura ErP: i migliori dispositivi in commercio raggiungono la classe A+. Il rendimento si misura anche attraverso l’indicatore COP (Coefficient of Performance): maggiore è il COP, minore sarà l’energia elettrica consumata per ogni kWh termico prodotto.
5. Integrazione con impianto fotovoltaico e vantaggi economici
Un’opzione sempre più diffusa, soprattutto in abitazioni dotate di impianto fotovoltaico, è la produzione di ACS con dispositivi elettrici, in particolare scaldacqua a pompa di calore che lavorano durante le ore di sole sfruttando l’energia in surplus.
Questo consente non solo di massimizzare l’autoconsumo, ma anche di incrementare notevolmente il risparmio economico. Infatti, mentre il costo medio dell’energia elettrica in bolletta può variare tra 0,25 e 0,35 €/kWh, l’energia solare autoprodotta ha un costo marginale prossimo allo zero (escludendo il costo iniziale dell’impianto fotovoltaico).
Oggi non esiste più il meccanismo dello Scambio sul Posto (SSP), sostituito dal Ritiro Dedicato o da forme di autoconsumo assistito tramite comunità energetiche. In questo contesto, utilizzare energia sul posto – ad esempio per produrre ACS – rappresenta una strategia vincente per valorizzare la produzione fotovoltaica.
Dal punto di vista economico, installare uno scaldacqua a pompa di calore può portare, in abbinamento con fotovoltaico, a un risparmio fino al 70% sui costi per la produzione di acqua calda rispetto a soluzioni tradizionali. Inoltre, nel 2025 è ancora attivo l’incentivo Conto Termico 2.0, che consente di ottenere un rimborso diretto sul conto corrente (entro 60-90 giorni) fino al 65% della spesa sostenuta, purché il prodotto sia certificato e correttamente installato.
6. Errori da evitare e considerazioni finali
Uno degli errori più frequenti nel dimensionamento degli impianti ACS è il sovradimensionamento per eccesso di prudenza, che comporta sprechi energetici e maggiori costi iniziali. Al contrario, sottodimensionare porta a disservizi e insoddisfazione dell’utente. Serve equilibrio, basato su dati tecnici, comportamenti reali e prospettive di utilizzo.
Altro aspetto spesso sottovalutato è la manutenzione: anche un impianto di ultima generazione perde efficienza se trascurato. Pulizia periodica degli scambiatori, verifica dell’anodo nei bollitori, controlli sulla pompa di calore e aggiornamento software sono pratiche necessarie per mantenere alte le prestazioni.
Va infine ricordato che un impianto ACS ben progettato è un investimento a lungo termine. In una visione moderna dell’efficienza energetica, esso si integra perfettamente con il sistema edificio-impianto, contribuendo in modo significativo a migliorare la classe energetica dell’abitazione e a rispettare i requisiti normativi del Decreto Requisiti Minimi.
Con l’obiettivo europeo di decarbonizzazione entro il 2050 e le direttive attuali (EPBD Recast), gli edifici saranno sempre più orientati all’elettrificazione, all’autoconsumo e alla gestione smart dell’energia. In quest’ottica, il sistema di produzione ACS è un tassello fondamentale, che merita attenzione, studio e aggiornamento costante.