Che Potenza Serve Per Una Pompa Di Calore In Una Casa Da “X” MQ?

  1. Introduzione: la domanda più frequente e le premesse tecniche

Quando si parla di pompe di calore per il riscaldamento domestico, una delle domande più ricorrenti che un tecnico riceve è: “Che potenza mi serve per una casa da 100 mq?”, oppure varianti come “Per 80 mq, quanti kW devo mettere?”.
Questa richiesta, seppur comprensibile nella sua immediatezza, nasconde un problema di fondo: la potenza termica necessaria non dipende soltanto dai metri quadrati dell’abitazione, ma da una combinazione complessa di fattori che vanno attentamente valutati.

Nel linguaggio comune si tende a pensare alla pompa di calore come a un semplice “generatore” di calore dimensionabile in proporzione diretta alla superficie. In realtà, il dimensionamento corretto richiede un’analisi termotecnica che includa:

  • La zona climatica di installazione, che in Italia è definita dal D.P.R. 412/93 e aggiornata con successivi provvedimenti.
  • Il grado di isolamento dell’involucro edilizio, comprensivo di pareti, tetto, pavimento e serramenti.
  • Il livello di temperatura interna desiderata e le modalità di utilizzo dell’edificio.
  • La presenza o meno di ventilazione meccanica controllata (VMC) e sistemi di recupero termico.
  • Le fonti di apporto gratuito come il guadagno solare diretto o il calore interno generato da elettrodomestici e persone.

Capire questi elementi è essenziale per evitare sovradimensionamenti (che portano a maggiori costi di investimento e minore efficienza) o sottodimensionamenti (che causano discomfort e consumi energetici elevati).

In questa analisi, prenderemo come filo conduttore l’esempio di una casa di 100 mq, ma estenderemo il ragionamento a metrature diverse, spiegando passo passo come stimare la potenza necessaria della pompa di calore e come il principio di recupero termico possa ridurre in modo significativo il fabbisogno energetico.

 

  1. Come si calcola il fabbisogno termico reale di un edificio

Il calcolo del fabbisogno termico di una casa non è un’operazione “a occhio” ma segue formule e metodologie precise, spesso contenute nelle norme UNI/TS 11300 e in documenti tecnici del CTI (Comitato Termotecnico Italiano).

Un calcolo corretto parte dal concetto di dispersione termica, ovvero la quantità di calore che l’edificio perde verso l’esterno. Questa dispersione dipende dal coefficiente di trasmittanza termica (U) di ciascun elemento dell’involucro. Più questo valore è basso, più l’edificio è isolato e meno potenza sarà necessaria per riscaldarlo.

Il fabbisogno termico di picco si esprime in kW termici e può essere stimato con una formula semplificata:

Q = S × q

dove:

  • Q è la potenza termica richiesta (in kW),
  • S è la superficie calpestabile in metri quadrati,
  • q è il fabbisogno specifico in W/m², che varia tipicamente da 30 W/m² (edificio ad alta efficienza, classe A4) a oltre 120 W/m² (edificio molto vecchio e poco isolato).

Per fare un esempio pratico:

  • Casa nuova in classe A4, 100 mq: Q = 100 × 30 = 3000 W = 3 kW termici.
  • Casa anni ’80 senza isolamento, 100 mq: Q = 100 × 100 = 10.000 W = 10 kW termici.

Questi valori indicano la potenza di picco necessaria nei giorni più freddi dell’anno per mantenere la temperatura interna di progetto, tipicamente 20 °C in zona giorno e 18 °C in zona notte.

Un aspetto spesso sottovalutato è che il fabbisogno termico istantaneo non coincide con il consumo energetico annuo. Una pompa di calore lavora modulando la potenza in base alle condizioni reali e non sempre al massimo delle sue capacità.

 

  1. Il ruolo del COP e della temperatura di mandata

La potenza di una pompa di calore non è l’unico parametro da considerare: altrettanto importante è il COP (Coefficient of Performance), che rappresenta il rapporto tra energia termica resa e energia elettrica assorbita.

Un COP di 4 significa che per ogni kWh elettrico consumato, la pompa di calore fornisce 4 kWh di calore. Tuttavia, questo valore non è costante: dipende dalla temperatura esterna e dalla temperatura di mandata dell’impianto.

Gli impianti a bassa temperatura (come il riscaldamento a pavimento radiante) consentono COP più elevati, poiché richiedono acqua a 30-35 °C invece che a 55-60 °C. Al contrario, un impianto a radiatori tradizionali può obbligare la pompa a lavorare con mandata alta, riducendo il COP e quindi l’efficienza complessiva.

Per fare un paragone pratico:

  • Pompa di calore da 6 kW, COP 4 → assorbimento elettrico medio di 1,5 kW.
  • Pompa di calore da 6 kW, COP 2,5 (giornata molto fredda e radiatori) → assorbimento medio di 2,4 kW.

Questo incide direttamente sui costi di gestione, sul dimensionamento del contatore elettrico e sull’eventuale abbinamento con un impianto fotovoltaico.

 

  1. Il principio di recupero termico e i suoi vantaggi

Uno degli strumenti più efficaci per ridurre la potenza necessaria e i consumi di una pompa di calore è l’adozione di un sistema di recupero termico, spesso integrato nella ventilazione meccanica controllata (VMC).

Il recupero termico si basa su uno scambiatore che trasferisce calore dall’aria in uscita (viziata ma calda) all’aria in ingresso (pulita ma fredda) senza mescolare i due flussi. In questo modo, si può pre-riscaldare l’aria di rinnovo fino al 70-90% del salto termico, riducendo drasticamente le dispersioni legate alla ventilazione.

In una casa ben isolata, le dispersioni per ventilazione possono rappresentare anche il 30-40% del fabbisogno totale: il recupero termico consente di abbatterle, permettendo di installare una pompa di calore di potenza inferiore e di lavorare a carichi più stabili.

Un esempio reale: in un’abitazione da 100 mq in classe A2, senza VMC con recupero, il fabbisogno può essere di 4,5 kW; con recupero termico efficiente, può scendere a 3,2 kW, consentendo di scegliere una macchina più piccola e meno costosa.

 

  1. Dalla teoria alla pratica: scegliere la potenza giusta

Molti produttori e installatori utilizzano tabelle indicative per associare la potenza di una pompa di calore alla metratura della casa, ma senza considerare le differenze di isolamento e zona climatica, queste tabelle rischiano di essere fuorvianti.

Per un approccio corretto, è opportuno procedere così:

  1. Analizzare i dati climatici locali, in particolare la temperatura di progetto invernale.
  2. Determinare la trasmittanza media dell’edificio e stimare il fabbisogno specifico in W/m².
  3. Applicare un margine di sicurezza (generalmente 10-15%) per eventuali picchi di carico.
  4. Verificare la compatibilità con l’impianto di emissione (pavimento radiante, ventilconvettori, radiatori).
  5. Considerare l’uso combinato con fotovoltaico e accumulo per ottimizzare i costi energetici.

Nella pratica, per una casa di 100 mq:

  • In classe A4, in zona climatica D, possono bastare 3 kW termici.
  • In classe B, stesso contesto, servono circa 6 kW termici.
  • In edificio anni ’80 non isolato, possono essere necessari 10-12 kW termici.

Questo approccio riduce gli errori di scelta e assicura un funzionamento ottimale nel tempo.