È meglio riscaldare con il pellet, la legna o il gas?

1. Introduzione: il contesto del riscaldamento in Italia

Il riscaldamento domestico è uno dei capitoli più rilevanti della spesa energetica delle famiglie italiane e, al tempo stesso, un settore cruciale per la riduzione delle emissioni climalteranti e per il raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Unione Europea. La scelta tra pellet, legna e gas non è solo una questione di costi, ma coinvolge anche considerazioni legate alla sicurezza energetica, alla sostenibilità ambientale e alla normativa vigente.

Negli ultimi anni, la situazione è cambiata rapidamente: l’instabilità geopolitica, le crisi energetiche e l’aggiornamento delle politiche ambientali hanno ridisegnato il panorama. Il gas naturale, per decenni la fonte più diffusa e comoda, ha visto oscillazioni di prezzo significative, mentre il pellet e la legna, inizialmente percepiti come alternative economiche e “verdi”, hanno subito anch’essi variazioni di costo e vincoli normativi.

Oggi, chi deve rinnovare o scegliere il sistema di riscaldamento non può più basarsi su vecchi schemi mentali. È necessario fare un’analisi integrata che tenga conto di:

  • andamento dei prezzi delle fonti energetiche,
  • rendimento e tecnologia degli apparecchi,
  • impatto ambientale, comprese le emissioni locali di particolato,
  • requisiti normativi in materia di efficienza e certificazioni,
  • incentivi e detrazioni fiscali ancora disponibili.

La questione, insomma, non è tanto quale fonte sia “assolutamente migliore”, quanto quale sia più vantaggiosa e coerente con le esigenze specifiche di una famiglia, di un territorio e di un periodo storico.

 

2. Il pellet: tra efficienza e volatilità dei prezzi

Il pellet è un combustibile ottenuto dalla compressione di segatura e trucioli di legno, senza additivi chimici, e si presenta sotto forma di piccoli cilindri. La sua popolarità in Italia è esplosa a partire dagli anni 2000, grazie al connubio tra comodità di utilizzo e buona resa energetica.

2.1 Aspetto economico

Nel 2021 un sacco da 15 kg di pellet di buona qualità costava mediamente tra i 4 e i 5 euro, con un prezzo al quintale intorno ai 30-33 euro. L’impennata dei costi energetici del 2022-2023, dovuta in gran parte alla crisi del gas e alle tensioni sui mercati internazionali del legno, ha spinto il prezzo del pellet ben oltre i 50 euro al quintale, con picchi di 60-70 euro.

Nel 2025, la situazione si è stabilizzata ma non è tornata ai livelli pre-crisi: il prezzo medio si aggira attorno ai 38-45 euro al quintale, con variazioni stagionali. Questo significa che riscaldare un’abitazione media di 100 m² con una stufa o caldaia a pellet ad alta efficienza può comportare una spesa annua variabile tra i 1.100 e i 1.400 euro, a seconda del grado di isolamento termico dell’edificio e delle temperature invernali della zona climatica di riferimento.

2.2 Efficienza e comfort

Uno dei vantaggi principali del pellet è la regolazione automatica della combustione: le moderne stufe e caldaie modulano la potenza in base alla temperatura impostata, riducendo sprechi e garantendo una combustione più completa rispetto alla legna tradizionale. I rendimenti medi delle apparecchiature di ultima generazione superano facilmente l’85-90%, un valore competitivo anche rispetto alle caldaie a gas a condensazione.

2.3 Impatto ambientale e normativa

Dal punto di vista ambientale, il pellet è considerato carbon neutral nella misura in cui la CO₂ emessa durante la combustione è pari a quella assorbita dalla pianta durante la crescita. Tuttavia, resta il problema delle emissioni locali di particolato (PM10 e PM2.5), che sono sensibilmente inferiori rispetto alla legna secca, ma non trascurabili.

In Italia, il D.M. 186/2017 classifica gli apparecchi domestici a biomassa in stelle (da 1 a 5) in base alle prestazioni ambientali: in molte Regioni del Nord, per ottenere incentivi o per installare nuovi impianti, è necessario scegliere apparecchi a 4 o 5 stelle. Dal 2023, l’accesso a contributi come il Conto Termico 2.0 o le detrazioni fiscali per riqualificazione energetica richiede apparecchi certificati e un rendimento minimo elevato.

 

3. La legna: tradizione e nuove tecnologie

La legna da ardere è la più antica forma di riscaldamento domestico. Il fascino del fuoco vivo e il legame culturale con molte aree rurali italiane restano intatti, ma il suo ruolo nel panorama energetico odierno è profondamente cambiato.

3.1 Aspetto economico

La legna continua a essere, in termini puramente teorici, una delle fonti più economiche per kilowattora termico prodotto. Il prezzo varia enormemente in base alla zona, all’essenza legnosa e alla modalità di approvvigionamento. Nel 2025, un quintale di legna secca di faggio spaccata costa mediamente tra i 16 e i 22 euro se acquistata all’ingrosso, ma può arrivare a 25-28 euro se consegnata e accatastata a domicilio.

Il consumo annuo per una casa media con stufa a legna tradizionale può oscillare tra i 50 e i 90 quintali, a seconda dell’efficienza dell’impianto e dell’isolamento. Questo si traduce in una spesa annuale tra 1.000 e 2.300 euro. Con una moderna caldaia a gassificazione o stufa ad alto rendimento, i consumi si riducono sensibilmente, migliorando il bilancio economico.

3.2 Efficienza e comfort

Le stufe a legna tradizionali hanno rendimenti intorno al 50-65%, mentre le moderne caldaie a fiamma inversa o stufe certificate 4-5 stelle raggiungono anche l’85%. Tuttavia, la gestione della legna richiede più lavoro rispetto al pellet: occorre spazio per lo stoccaggio, tempo per la carica manuale e attenzione alla qualità del combustibile (umidità inferiore al 20% per evitare fumo e incrostazioni).

3.3 Impatto ambientale e normativa

La legna è, come il pellet, considerata a bilancio neutro di CO₂, ma ha emissioni locali di particolato generalmente più alte, soprattutto se bruciata in apparecchi obsoleti o con legna umida. Le normative regionali sono sempre più stringenti: in Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna, ad esempio, nei periodi di allerta smog è vietato l’uso di apparecchi a bassa classe ambientale.

L’Unione Europea, attraverso la direttiva Ecodesign 2022, richiede che tutti gli apparecchi immessi sul mercato rispettino limiti severi di efficienza e di emissioni. Questo significa che le vecchie stufe “a camino aperto” sono destinate a sparire, mentre la nuova generazione di impianti a legna è molto più pulita e performante.

 

4. Il gas: comodità, ma a quale prezzo?

Il gas naturale (metano) resta la fonte più diffusa per il riscaldamento domestico in Italia, soprattutto nelle aree urbane. La sua forza è sempre stata la comodità: basta aprire il rubinetto, senza stoccaggi o movimentazione di combustibile.

4.1 Aspetto economico

Fino al 2021, il gas aveva un costo relativamente stabile, con un prezzo medio di 0,80-0,90 euro/Smc. La crisi energetica europea ha però fatto impennare le tariffe, con punte oltre 2,50 euro/Smc. Nel 2025, i prezzi si sono normalizzati ma restano sopra i livelli pre-crisi: un valore medio realistico è di circa 1,20-1,40 euro/Smc per i contratti a mercato libero.

Per una casa media di 100 m² con caldaia a condensazione e fabbisogno termico di 10.000 kWh/anno, la spesa si colloca tra i 1.200 e i 1.400 euro, molto vicina a quella del pellet. Tuttavia, in zone fredde o in case poco isolate, i consumi possono crescere sensibilmente.

4.2 Efficienza e comfort

Le caldaie a condensazione hanno rendimenti molto elevati (fino al 108% sul potere calorifico inferiore), sfruttando il calore latente del vapore acqueo nei fumi. Inoltre, l’automazione totale e la possibilità di abbinare termostati intelligenti rendono il gas la soluzione più comoda e flessibile.

4.3 Impatto ambientale e normativa

Il gas naturale produce meno particolato rispetto a pellet e legna, ma emette CO₂ fossile, contribuendo direttamente all’effetto serra. L’UE, con il pacchetto Fit for 55, spinge verso una progressiva riduzione dell’uso di combustibili fossili, e in alcuni Paesi europei si discute già di vietare nuove installazioni di caldaie a gas a partire dal 2030.

In Italia, al momento, non ci sono divieti immediati, ma gli incentivi fiscali privilegiano sistemi ad energia rinnovabile o ibridi (pompa di calore + caldaia).

 

5. Confronto integrato: costi, ecologia e prospettive future

Analizzando congiuntamente i tre sistemi, si vede come il divario economico tra gas e biomasse si sia ridotto negli ultimi anni. La convenienza pura non è più così netta come un tempo: oggi entrano in gioco fattori qualitativi e ambientali altrettanto importanti.

Il pellet si conferma una soluzione equilibrata tra efficienza, emissioni relativamente contenute e gestione abbastanza comoda. La legna, pur restando competitiva in aree dove il combustibile è reperibile a basso costo, richiede un impegno maggiore e va gestita con apparecchi moderni per rispettare le normative. Il gas, infine, mantiene il primato di comodità ma paga lo scotto di essere un combustibile fossile con prospettive di riduzione a lungo termine.