Come Investire Nelle Energie Rinnovabili

1) Investire Nelle Rinnovabili: Una Introduzione

Negli ultimi anni, l’industria delle energie rinnovabili ha vissuto una crescita imponente, trainata da tre fattori principali: politiche climatiche più stringenti, progressi tecnologici che ne hanno ridotto i costi e una nuova consapevolezza ambientale da parte di consumatori e imprese. Fonti come fotovoltaico, eolico, biomasse, biogas, geotermico, solare termodinamico e mini-idroelettrico sono sempre più centrali nelle strategie energetiche nazionali e internazionali.

Uno dei concetti chiave che ha favorito l’attrattività degli investimenti nel settore è la grid parity, ovvero la condizione in cui il costo dell’energia prodotta da fonti rinnovabili è uguale o inferiore a quello dell’energia generata da fonti fossili tradizionali. In molti Paesi, tra cui l’Italia, questa condizione è già stata raggiunta, rendendo l’investimento non solo etico, ma anche economicamente redditizio.

Il settore ha attirato diversi tipi di investitori:

  • Investitori professionali che operano direttamente nel finanziamento di infrastrutture, autorizzazioni e impianti;
  • Aziende non energetiche in cerca di diversificazione patrimoniale e opportunità ESG (Environmental, Social, Governance);
  • Operatori specializzati, come start-up green tech e rami dedicati di grandi utility o multinazionali, che si occupano di progettazione, costruzione e gestione degli impianti per conto terzi.

L’evoluzione del contesto normativo europeo, con il Green Deal e il pacchetto “Fit for 55”, ha ulteriormente spinto verso la transizione energetica. L’Italia, in particolare, con il nuovo PNIEC 2023-2030 (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima), prevede di coprire almeno il 40% dei consumi energetici totali da fonti rinnovabili entro il 2030. Questo rende evidente quanto l’interesse per il settore sia tutt’altro che passeggero.

Ma come può un risparmiatore, o un investitore, entrare in questo mondo in modo efficace? Le modalità sono numerose e differenziate per profilo di rischio, orizzonte temporale e capitale disponibile.

 

2) Investire Attraverso I “Fondi Comuni Di Investimento”

Un modo relativamente sicuro per partecipare alla crescita del settore è quello di acquistare fondi comuni di investimento specializzati in energie rinnovabili o in tecnologie a basso impatto ambientale. Questi fondi, gestiti da professionisti, selezionano portafogli composti da azioni di società attive nel settore, distribuendo il capitale su diverse aziende e diverse aree geografiche, riducendo il rischio specifico.

Nel corso dell’ultimo decennio, i fondi green hanno registrato performance molto interessanti. Mentre nel 2012, come citato nel testo originale, la media di rendimento era intorno al 10% annuo, oggi alcuni fondi ESG o sostenibili superano anche il 12-15% annuo, specie quelli focalizzati su tecnologie fotovoltaiche, idrogeno verde o efficienza energetica.

 

Attenzione, però: le performance passate non garantiscono risultati futuri. È importante valutare un fondo anche in base a:

  • Costi di sottoscrizione, gestione e uscita, che possono erodere i rendimenti;
  • Rating ESG e la trasparenza nella selezione dei titoli;
  • Diversificazione geografica (un fondo troppo concentrato in un’area rischia di subire shock locali);
  • Stabilità dell’emittente e reputazione del gestore.

Un esempio sono i fondi gestiti da colossi come BlackRock, Amundi, Pictet o BNP Paribas, che offrono soluzioni ad hoc nel comparto “clean energy”. Alcuni fondi sono anche disponibili in modalità PIR (Piani Individuali di Risparmio), con agevolazioni fiscali per gli investitori italiani.

In sintesi, i fondi rappresentano un buon compromesso per chi vuole entrare nel settore con rischi limitati, affidandosi a esperti per le scelte operative.

 

3) Investire Attraverso Gli “Exchange Traded Funds” (ETF)

Chi desidera maggiore autonomia operativa, ma senza rinunciare alla diversificazione, può optare per gli ETF, strumenti negoziabili in Borsa che replicano passivamente indici di settore. Gli ETF “green” permettono di investire in decine o centinaia di società attive nelle rinnovabili con una singola operazione e con commissioni molto contenute.

Rispetto ai fondi comuni, gli ETF hanno:

  • Maggior flessibilità (si possono comprare e vendere in tempo reale);
  • Minor costo di gestione (tipicamente inferiore allo 0,5% annuo);
  • Nessuna commissione di ingresso o uscita, se non quella del broker.

Tra gli ETF più noti troviamo:

  • iShares Global Clean Energy (ISIN IE00B1XNHC34), che investe in circa 100 aziende operanti in ambito energia solare, eolica, idroelettrica e smart grid;
  • Lyxor New Energy UCITS ETF, focalizzato sulle energie alternative;
  • VanEck Hydrogen Economy ETF, per chi vuole puntare sull’idrogeno verde.

Tuttavia, gli ETF sono più volatili dei fondi a gestione attiva: nel 2022, ad esempio, molti ETF sul settore hanno perso oltre il 15% a causa della crisi energetica in Europa e delle difficoltà delle catene logistiche globali. Ma nel 2023 alcuni hanno recuperato fino al 25% sull’onda dei nuovi incentivi e dei piani di transizione.

Chi sceglie un ETF deve saper gestire l’emotività, mantenere un orizzonte di lungo periodo ed eventualmente integrarlo in un portafoglio più ampio e bilanciato.

 

4) Investire Attraverso Le Azioni Di Singole Società

Per i più esperti e disposti a sopportare rischi elevati, c’è la possibilità di investire direttamente nelle azioni di aziende operanti nelle rinnovabili. Il vantaggio è ovvio: potenziali guadagni molto superiori, ma anche maggiore esposizione alla volatilità.

Si può investire in società:

  • Puramente rinnovabili come Enphase Energy, SunPower, Plug Power, Vestas, SMA Solar Technology;
  • Utility tradizionali in transizione come Enel, Iberdrola, Engie, che hanno forti asset nel fotovoltaico ed eolico;
  • Start-up ad alto potenziale ma ancora non redditizie, attive in batterie, smart grid, idrogeno, solare a concentrazione, etc.

Oppure si può diversificare puntando su società che supportano la filiera: produttori di inverter, accumulatori, materiali semiconduttori, pompe di calore, software di monitoraggio.

Naturalmente, analizzare i fondamentali delle società è fondamentale. Bisogna valutare:

  • Debiti e bilanci,
  • Ricavi ricorrenti e piani di espansione,
  • Posizione competitiva nel mercato,
  • Capacità di rispettare le normative ambientali e di ottenere incentivi.

Nel breve periodo, le quotazioni possono subire shock geopolitici, variazioni normative, calo dei prezzi dell’energia o problemi tecnologici, ma sul lungo termine, i leader del settore hanno tutte le carte in regola per raddoppiare o triplicare il loro valore.

 

5) Speculare Sull’Acquisto/Vendita Di Autorizzazioni O Impianti

Un’altra modalità di investimento, più operativa e speculativa, è quella legata al mercato delle autorizzazioni o degli impianti “chiavi in mano”. In questo ambito, operatori privati o società specializzate acquistano autorizzazioni edilizie/ambientali già rilasciate o impianti già costruiti, per poi rivenderli con margine a investitori o gestori di energia.

Nel caso delle autorizzazioni, chi le ottiene può rivenderle con un sovrapprezzo, perché l’iter autorizzativo in Italia è spesso complesso e lungo (tra VAS, VIA, connessione alla rete, pareri paesaggistici, etc.). Chi acquista, quindi, risparmia tempo e incertezza.

Nel caso degli impianti pronti, si può trattare di centrali fotovoltaiche da 100 kW a 10 MW o di parchi eolici. Alcuni investitori le comprano per gestirle direttamente e vendere l’energia prodotta (attraverso il ritiro dedicato o i contratti PPA – Power Purchase Agreement), altri le rivendono con margine.

Dal 2021 lo scambio sul posto non esiste più per i nuovi impianti; oggi si lavora soprattutto con il ritiro dedicato GSE, con la vendita diretta o con contratti di compravendita energia a lungo termine (PPA). In questo contesto, la bancabilità dei progetti, la solidità del costruttore EPC e la qualità della connessione alla rete sono fattori decisivi.

Il mercato italiano è attivo soprattutto per impianti tra i 200 kW e i 5 MW, ma esistono opportunità anche per piccoli impianti residenziali in autoconsumo, in particolare con comunità energetiche rinnovabili (CER), un nuovo strumento introdotto nel 2024 che consente a cittadini e imprese di condividere l’energia prodotta localmente.

Questa tipologia di investimento è molto redditizia se ben condotta, ma rischiosa per i non esperti, a causa della variabilità normativa, della qualità tecnica degli impianti e dell’elevato capitale necessario.

 

6) Tendenze Future E Considerazioni Finali

Il futuro degli investimenti nelle rinnovabili appare molto promettente. Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), entro il 2030 oltre il 70% della nuova capacità elettrica globale sarà da fonti rinnovabili, con particolare crescita in solare ed eolico. Si prevede anche una forte espansione delle tecnologie di accumulo (batterie), delle reti intelligenti, dei sistemi V2G (Vehicle to Grid) e della produzione di idrogeno verde.

In Italia, il sistema degli incentivi in conto capitale, come il Conto Termico, e le detrazioni fiscali (Bonus Ristrutturazione 50%, Superbonus ridotto al 70% nel 2025) continua a stimolare il settore. Ma l’attenzione si sta spostando anche verso forme di autoconsumo collettivo, autoproduzione con PPA e CER.

Infine, è bene ricordare che la sostenibilità è anche un trend culturale, non solo finanziario. Sempre più investitori scelgono le rinnovabili per motivi etici, oltre che economici, contribuendo alla decarbonizzazione, alla riduzione delle disuguaglianze energetiche e alla sicurezza dell’approvvigionamento.

Che si tratti di fondi, ETF, azioni, progetti o autorizzazioni, investire oggi nel settore green non è solo una scelta finanziaria, ma una decisione strategica verso un futuro più pulito, stabile e innovativo.