Conviene Spegnere Lo Scaldabagno Di Notte?

1) Perché “Simulare” Il Funzionamento Di Uno Scaldabagno Conviene Davvero

La domanda che molti si pongono, in un’ottica di risparmio energetico domestico, è semplice ma insidiosa: conviene davvero spegnere lo scaldabagno di notte? Istintivamente, si sarebbe portati a rispondere di sì, ma la realtà tecnica e termodinamica, come vedremo, è ben più articolata. E proprio per questo non ci si può basare solo sull’intuito, ma bisogna affidarsi a un approccio razionale e calcolato, che tenga conto di come funziona realmente un boiler elettrico in relazione a tempi di accensione, spegnimento e perdite termiche.

In questo articolo analizzeremo in modo approfondito il comportamento energetico di uno scaldabagno elettrico, simulando in maniera semi-quantitativa il suo funzionamento. Questo ci consentirà non solo di quantificare correttamente i consumi, ma anche di capire quanto si risparmia spegnendolo di notte o in altri momenti della giornata. È infatti importante sottolineare che ogni utente ha un profilo di consumo diverso, e ottimizzare l’uso dello scaldabagno può portare a piccoli ma costanti risparmi in bolletta, soprattutto considerando i lunghi periodi in cui questo apparecchio rimane acceso.

Lo scaldabagno elettrico, pur essendo uno degli elettrodomestici strutturalmente più semplici (è fondamentalmente una resistenza immersa in un contenitore ben coibentato), nasconde diversi comportamenti controintuitivi. Alcuni di questi sono legati alle inerzie termiche, altri alle dinamiche di perdita di calore, che variano se l’apparecchio è acceso oppure spento.

Solo dopo aver esaminato queste dinamiche sarà possibile rispondere alla domanda iniziale con dati reali e confronti concreti, senza affidarsi a dicerie, opinioni o intuizioni errate.

 

2) Capire Il Funzionamento Qualitativo Di Uno Scaldabagno Elettrico

Per affrontare consapevolmente il problema, è necessario capire bene come funziona uno scaldabagno elettrico, almeno in termini qualitativi. Una buona analogia è quella con il ferro da stiro: entrambi impiegano una resistenza elettrica per generare calore, ma mentre il ferro ha un tempo di raffreddamento piuttosto breve, lo scaldabagno impiega molto più tempo per perdere la temperatura acquisita grazie alla sua elevata coibentazione termica.

Quando accendiamo uno scaldabagno, la resistenza interna comincia a riscaldare l’acqua fino a raggiungere la temperatura impostata dal termostato (tipicamente tra i 45°C e i 60°C, anche se è consigliabile non superare i 50°C per evitare consumi eccessivi e rischi da ustione). Raggiunta questa temperatura, la resistenza si disattiva e lo scaldabagno entra in modalità di mantenimento, durante la quale compensa solo le perdite termiche attraverso la coibentazione.

Queste perdite sono inevitabili, ma sono molto ridotte grazie all’isolamento del serbatoio. Tuttavia, non sono nulle, e rappresentano la vera voce “nascosta” nei consumi dello scaldabagno. È proprio su queste perdite che si basa l’idea di spegnerlo nei momenti di non utilizzo (come la notte), per evitare di doverle compensare con nuova energia.

Un altro aspetto importante è che le dinamiche di perdita variano nel tempo: a scaldabagno appena spento la temperatura è massima, quindi la dispersione termica è relativamente più elevata, mentre via via che la temperatura scende, anche le perdite diminuiscono, grazie alla minore differenza tra l’acqua interna e l’ambiente esterno.

Queste considerazioni, apparentemente banali, ci consentono di modellizzare in modo più accurato i consumi e di evitare l’errore molto comune di ritenere che “tanto l’acqua calda serve lo stesso domani mattina, tanto vale lasciarlo acceso tutta la notte”.

 

3) Esempio Numerico: Accensione Programmata Di Uno Scaldabagno Da 90 Litri

Per dare concretezza al nostro ragionamento, consideriamo un caso studio. Prendiamo un comune scaldabagno elettrico da 90 litri con una potenza elettrica di 1.500 W. L’acqua in ingresso dalla rete ha una temperatura media annua stimabile in 13°C, mentre quella desiderata per l’uso sanitario è fissata a 50°C.

Il calcolo dell’energia necessaria per il riscaldamento dell’intero contenuto del serbatoio si può fare con la formula dell’energia termica:

Q = m·c·ΔT,

dove:

  • m è la massa (90 litri ≈ 90 kg),
  • c è il calore specifico dell’acqua (1,163 Wh/kg·°C),
  • ΔT è il salto termico (50°C – 13°C = 37°C).

Il risultato è di circa 3.9 kWh termici, ma considerando le perdite di rendimento e la resistenza elettrica, il consumo effettivo sale a circa 4,1 kWh elettrici per un ciclo completo di riscaldamento.

Tuttavia, non tutto questo consumo avviene in una volta sola. Supponiamo ora di usare un timer che accende lo scaldabagno per 10 ore al giorno, lasciandolo spento per le restanti 14 ore (inclusa la notte). Durante le ore in cui è acceso, lo scaldabagno si accende e si spegne ciclicamente per mantenere la temperatura costante.

Supponiamo inoltre che la perdita di calore oraria quando lo scaldabagno è acceso sia pari a 140 BTU/h, equivalenti a circa 0,041 kWh/h. Quindi, in 10 ore, le sole perdite ammontano a 0,41 kWh, a cui si aggiungono i 3,4 kWh per portare l’acqua alla temperatura desiderata, per un totale giornaliero di 3,8-4 kWh.

Questi consumi vanno ovviamente rapportati alla tariffa elettrica dell’utente. Supponendo un prezzo medio nel mercato tutelato o libero attuale di circa 0,25 €/kWh (2025), il costo giornaliero sarebbe intorno a 1 euro, cioè 30 euro al mese solo per lo scaldabagno. Su base annua, oltre 350 euro.

È evidente, quindi, che anche piccoli risparmi percentuali sul consumo dello scaldabagno possono incidere significativamente sul bilancio energetico di una famiglia.

 

4) Cosa Succede Quando Lo Scaldabagno È Spento: Dinamica Della Perdita Termica

La fase più interessante ai fini dell’ottimizzazione dei consumi è proprio quella in cui lo scaldabagno è spento: molti pensano che “tanto è spento, non consuma nulla”, ma è un concetto parzialmente errato. Anche quando non è alimentato, lo scaldabagno perde lentamente calore, e quindi si raffredda.

Nel nostro esempio, dopo aver raggiunto i 50°C, l’acqua contenuta ha un contenuto energetico di circa 3,4 kWh termici. Se la perdita oraria (una volta spento) è stimata in 0,041 kWh/h, allora, in linea teorica, il tempo minimo per un raffreddamento completo sarebbe di oltre 80 ore. Questo tempo è però una semplificazione, perché le perdite variano nel tempo e sono più elevate all’inizio.

Durante le 14 ore in cui il timer mantiene spento lo scaldabagno, le perdite sono minori rispetto a quando l’apparecchio è acceso, perché non c’è il ciclo di mantenimento. Se ipotizziamo una perdita media di 0,014 kWh/h durante lo spegnimento (valore più realistico basato sulla curva reale di raffreddamento), la dispersione in 14 ore sarebbe di circa 0,2 kWh.

Se invece lo scaldabagno fosse rimasto acceso, la dispersione sarebbe stata di circa 0,6 kWh. Il risparmio netto è quindi di 0,4 kWh al giorno, pari a circa 36 centesimi al giorno, ovvero 11 euro al mese, 130 euro all’anno. In pratica, spegnerlo ogni notte genera un risparmio non trascurabile.

 

5) Come Ottimizzare La Gestione Energetica Di Uno Scaldabagno Elettrico

Arrivati a questo punto, possiamo rispondere alla domanda iniziale: conviene spegnere lo scaldabagno di notte?
La risposta è sì, ma con moderazione e intelligenza.

Dall’analisi fatta, si osserva che spegnerlo 14 ore al giorno comporta un risparmio energetico di circa il 32% nelle ore di spegnimento, ma solo un 4-10% sul totale giornaliero. Tuttavia, su base annua, questo risparmio si traduce in diverse decine di euro, che ripagano rapidamente il costo di un semplice timer da installare a monte dello scaldabagno.

Ma il vero potenziale si esprime se si personalizza la gestione in base al proprio stile di vita. Ad esempio:

  • Se si fa la doccia solo la sera, si può programmare lo scaldabagno per accendersi un paio d’ore prima dell’uso, e spegnerlo subito dopo.
  • Se in casa ci sono più persone con usi distribuiti durante la giornata, allora ha senso lasciarlo acceso solo in determinate fasce orarie.
  • In presenza di tariffe biorarie, come F1-F2-F3, conviene evitare di accenderlo nelle fasce a tariffa più alta, concentrando il riscaldamento nelle ore serali e notturne se si dispone di un impianto fotovoltaico o di batterie.

Va anche detto che alcuni installatori consigliano erroneamente di lasciare lo scaldabagno sempre acceso, sostenendo che “tanto è coibentato”. In realtà, come abbiamo visto, la dispersione termica esiste comunque, e va compensata con nuova energia, anche se in piccole dosi.

Inoltre, mantenere sempre l’acqua a temperatura elevata favorisce l’accumulo di calcare, con una progressiva perdita di efficienza e una riduzione della vita utile del dispositivo.

Per un ulteriore passo avanti, si può pensare a:

  • Installare uno scaldabagno in pompa di calore, che consuma anche il 70% in meno.
  • Collegare lo scaldabagno al fotovoltaico, con sistemi di ottimizzazione che lo accendano quando c’è energia solare in eccesso.
  • Utilizzare regolatori smart, anche tramite app domotiche, per accenderlo in base al reale fabbisogno e alla disponibilità energetica.

 

Conclusioni

Spegnerlo o non spegnerlo? Il risparmio c’è, ma solo se si gestisce in modo razionale. In questo articolo abbiamo scoperto che:

  • Le perdite di calore sono reali e costanti, anche se ridotte.
  • Il tempo di raffreddamento è molto lungo, ma comunque sufficiente a generare sprechi se non ottimizzato.
  • Spegnerlo di notte conviene, soprattutto se si adotta una gestione con timer.
  • Il risparmio può arrivare a oltre 100 euro all’anno, con un costo iniziale irrisorio.
  • L’approccio giusto è quello personalizzato, in base alle abitudini di consumo e alla tecnologia presente in casa.

Quindi sì: conviene spegnere lo scaldabagno di notte, ma soprattutto conviene gestirlo con intelligenza, evitando sia sprechi che generalizzazioni fuorvianti. Il risultato sarà una bolletta più leggera e una maggiore consapevolezza energetica.