Qual è L’intervallo Di Temperature Operative Ideali Per La Pompa Di Calore?

1. Introduzione: perché la temperatura operativa è la chiave dell’efficienza

Quando si parla di pompe di calore, spesso l’attenzione di chi le acquista si concentra sul marchio, sul prezzo o sulla potenza nominale. Tuttavia, ciò che più di ogni altra cosa determina il rendimento reale dell’impianto non è soltanto il modello scelto, ma soprattutto l’intervallo di temperature operative in cui esso si trova a lavorare durante l’anno.

Ogni pompa di calore è progettata per funzionare in un certo range termico: al di sopra o al di sotto di questo intervallo, il rendimento cala in modo sensibile, a volte anche del 40-50%, con conseguenze sia sui costi di gestione sia sulla durata dell’apparecchio.

Comprendere questo concetto significa saper calibrare correttamente le aspettative e soprattutto capire perché in due abitazioni identiche, con la stessa pompa di calore, le bollette possano essere drasticamente diverse. In altre parole, è fondamentale conoscere i limiti entro cui la macchina può lavorare al meglio, evitando condizioni operative che costringano il compressore a sforzi eccessivi o cicli di sbrinamento troppo frequenti.

In questo articolo analizzeremo nel dettaglio quali sono le temperature ottimali per le diverse tipologie di pompe di calore, come queste si rapportano alle condizioni climatiche esterne e alle temperature di mandata dell’impianto, e quali strategie si possono adottare per mantenere il sistema sempre nel suo “sweet spot” di funzionamento.

 

2. I fondamenti: cos’è il range di temperatura operativa

Ogni pompa di calore – sia essa aria-aria, aria-acqua, acqua-acqua o geotermica – ha un proprio intervallo di temperatura operativa dichiarato dal costruttore. Questo range si riferisce alla temperatura della sorgente da cui la macchina estrae calore (aria esterna, acqua di falda, terreno) e alla temperatura di mandata richiesta dall’impianto di riscaldamento.

Nel caso delle pompe di calore aria-acqua destinate al riscaldamento domestico, il parametro critico è la temperatura dell’aria esterna in inverno. A differenza di quanto accade con una caldaia, che può bruciare combustibile e generare calore indipendentemente dal clima, la pompa di calore deve “catturare” il calore già presente nell’aria. Più l’aria è fredda, meno calore disponibile c’è, e più la macchina deve lavorare intensamente per estrarlo.

Questo fenomeno è legato al principio del COP (Coefficient of Performance), il rapporto tra l’energia termica prodotta e quella elettrica consumata. A +7 °C esterni, una buona pompa di calore aria-acqua può raggiungere COP di 4 o 5, cioè produrre 4-5 kWh di calore per ogni kWh elettrico assorbito. Ma a -7 °C, lo stesso modello può scendere a COP di 2 o meno, raddoppiando virtualmente il costo del riscaldamento.

Un aspetto importante è che il range operativo nominale (ad esempio da -15 °C a +35 °C per l’aria esterna) non indica il range di massima efficienza, ma quello in cui la macchina può funzionare senza danni. La fascia ottimale, in cui il rendimento è davvero elevato, è molto più stretta. E per capire quale sia, bisogna considerare anche la temperatura di mandata.

 

3. La temperatura di mandata e il ruolo dei terminali

Non basta sapere che la pompa di calore funziona bene, ad esempio, tra 0 e +10 °C di aria esterna. Bisogna anche verificare a quale temperatura di mandata (cioè la temperatura dell’acqua inviata ai radiatori o al pavimento radiante) essa riesce a lavorare mantenendo un COP alto.

In generale, le pompe di calore offrono il massimo della loro efficienza quando la temperatura di mandata è bassa, idealmente compresa tra 30 °C e 40 °C. È la condizione tipica degli impianti a pavimento radiante o parete radiante, che riescono a garantire comfort anche con acqua tiepida.

Al contrario, i radiatori tradizionali richiedono in inverno acqua a 55-65 °C per mantenere la casa calda, specialmente in zone fredde. A queste temperature, il COP di una pompa di calore si abbassa in modo sensibile, e in giornate gelide il compressore può lavorare vicino ai limiti.

Per questo motivo, quando si parla di “intervallo di temperature operative ideali” non si intende mai solo la temperatura esterna, ma la combinazione di questa con la temperatura di mandata. In linea di massima:

  • Con mandata a 35 °C, il range ottimale di aria esterna è da +5 °C a +15 °C, con COP spesso superiore a 4.
  • Con mandata a 45 °C, l’efficienza resta buona tra +7 °C e +12 °C.
  • Con mandata a 55 °C, l’intervallo utile si restringe molto, ed è raro superare COP di 3.

Questa è la ragione per cui, nei climi freddi, si tende a preferire impianti a bassa temperatura o sistemi ibridi, che usano la pompa di calore finché le condizioni sono favorevoli e un generatore di supporto (caldaia a condensazione o resistenze elettriche) nei giorni più rigidi.

 

4. Influenza del clima: zone climatiche italiane e prestazioni reali

Il nostro Paese presenta differenze climatiche marcate, e parlare di temperature operative ideali senza tenerne conto sarebbe fuorviante. In Italia, la normativa suddivide il territorio in zone climatiche (A-F) in base ai gradi-giorno, e ciascuna di esse presenta condizioni che influenzano profondamente il funzionamento delle pompe di calore.

Nelle zone A e B (climi molto miti, come isole o coste meridionali), la temperatura esterna raramente scende sotto i +5 °C, e le pompe di calore aria-acqua lavorano quasi sempre in condizioni ottimali, garantendo COP elevatissimi per gran parte dell’anno. In questi contesti, l’intervallo ideale di temperatura esterna coincide praticamente con l’intero inverno.

Nelle zone E e F (aree alpine e appenniniche fredde), invece, la situazione cambia radicalmente: diversi giorni all’anno registrano minime di -10 °C o inferiori. Qui la pompa di calore aria-acqua può mantenere buone prestazioni solo per parte della stagione, e per il resto serve integrare con altre fonti. Un’alternativa valida può essere la pompa di calore geotermica, che attinge calore dal terreno, mantenendo sorgente termica stabile intorno a 10-15 °C anche in pieno inverno.

Tra questi due estremi si collocano le zone C e D, tipiche delle pianure e colline del Centro-Nord, dove l’inverno è moderatamente freddo e la pompa di calore aria-acqua può garantire ottime prestazioni per gran parte del periodo di riscaldamento, salvo qualche settimana critica.

Va sottolineato che negli ultimi anni, con l’evoluzione tecnologica, i modelli “low temperature” e “high performance” riescono a lavorare anche a -20 °C, ma ciò non significa che lo facciano con efficienza: il COP cala inevitabilmente, e i consumi salgono. La sfida, quindi, non è tanto far funzionare la macchina, ma mantenerla sempre nella zona di massima resa.

 

5. Strategie per mantenere la pompa di calore nel range ottimale

Sapere qual è l’intervallo ideale non basta: occorre anche adottare strategie concrete per far sì che la pompa di calore vi resti il più a lungo possibile.

Una prima leva è la regolazione climatica, cioè la modulazione automatica della temperatura di mandata in base alla temperatura esterna. In pratica, quando fuori fa più caldo, l’acqua inviata all’impianto è più tiepida, riducendo il lavoro del compressore e migliorando il COP.

Un’altra strategia è il miglioramento dell’isolamento dell’edificio: riducendo le dispersioni termiche, la temperatura di mandata necessaria scende, ampliando il numero di giorni in cui la pompa lavora in condizioni favorevoli.

In zone molto fredde, l’adozione di serbatoi di accumulo (puffer) e la programmazione intelligente dei cicli possono aiutare a far funzionare la pompa nei momenti climaticamente migliori della giornata, accumulando calore per le ore più rigide.

Infine, l’abbinamento a sistemi fotovoltaici permette di ridurre drasticamente il costo dell’energia elettrica necessaria, rendendo meno penalizzante l’eventuale calo di COP nei giorni freddi. In questo caso, il “range ottimale” non è più solo una questione tecnica, ma anche economica, perché parte dell’energia è autoprodotta.