Quando Conviene La Circolazione Forzata Per Il Solare Termico?

  1. La Necessità Di Un Impianto Solare Termico A Circolazione Forzata

Nel mondo della produzione di acqua calda sanitaria tramite energia solare, uno dei principali nodi tecnici da affrontare è quello della scelta tra circolazione naturale e forzata. La circolazione forzata si rende indispensabile in tutti quei casi in cui non sia possibile posizionare il serbatoio di accumulo in un punto sopraelevato rispetto al collettore solare, cioè l’elemento deputato alla captazione della radiazione solare.

Infatti, in un impianto a circolazione naturale, il fluido termovettore (di solito una miscela di acqua e glicole) si muove grazie alla differenza di densità tra liquido caldo e freddo: il liquido caldo, più leggero, tende a salire, e quello freddo, più pesante, a scendere. Ma quando questa logica non è fisicamente applicabile, serve un aiuto “forzato” per spingere il fluido nel senso desiderato.

Un impianto a circolazione forzata si avvale quindi di componenti aggiuntivi fondamentali. In primo luogo, c’è la pompa di circolazione, che permette il movimento del fluido anche contro il naturale senso di convezione. A questa si affianca una valvola di non ritorno, che impedisce qualsiasi flusso inverso, essenziale per evitare che l’acqua calda ritorni verso i pannelli durante le ore fredde o notturne. Infine, troviamo la centralina elettronica di controllo, dotata di sensori di temperatura disposti sul collettore e sul serbatoio, che gestisce l’accensione o lo spegnimento della pompa, ottimizzando i cicli di funzionamento dell’intero impianto.

La circolazione forzata, al di là del vincolo strutturale iniziale, offre numerosi vantaggi progettuali. La libertà nella disposizione dei componenti permette, per esempio, l’installazione del serbatoio in locali tecnici, in cantina o all’interno dell’abitazione, lontano dai pannelli sul tetto. Questo aspetto è particolarmente apprezzato in edifici condominiali o dove l’estetica della copertura è importante. Inoltre, si registra una maggiore resilienza climatica: gli impianti a circolazione forzata funzionano bene anche in climi rigidi, dove quelli a circolazione naturale mostrano limiti evidenti in termini di prestazioni.

Nel corso degli anni, l’evoluzione delle tecnologie di regolazione ha reso sempre più affidabili questi sistemi, al punto che oggi un impianto solare termico a circolazione forzata ben progettato può rappresentare una scelta ottimale anche in contesti residenziali complessi o in impianti di medie dimensioni per strutture ricettive, palestre, scuole e uffici.

 

  1. La Logica Degli Impianti A Circuito Chiuso: Sicurezza E Versatilità

Uno degli aspetti più rilevanti nella progettazione di un sistema solare termico a circolazione forzata è la scelta tra circuito aperto e circuito chiuso, in riferimento al comportamento del fluido termovettore rispetto all’acqua destinata all’utenza.

Nel caso dei sistemi a circuito chiuso, il circuito solare (dove scorre la miscela di acqua e antigelo) è completamente separato dall’acqua sanitaria che si utilizza nei rubinetti. Il passaggio di calore avviene attraverso uno scambiatore di calore, che può essere interno o esterno al serbatoio di accumulo.

L’installazione dello scambiatore esterno, del tipo a piastre ad alta efficienza, è particolarmente consigliata per impianti di dimensioni medie o grandi, dove le portate sono più elevate e serve una trasmissione termica rapida ed efficiente. La configurazione verticale del serbatoio viene preferita per favorire la stratificazione termica: l’acqua calda si raccoglie nella parte alta, pronta per essere utilizzata, mentre l’acqua fredda resta in basso, pronta per ricevere calore dallo scambiatore.

Quando il serbatoio si trova distante dal punto di utilizzo dell’acqua calda – cosa comune nei grandi edifici – è utile aggiungere un ricircolo dell’acqua sanitaria, che consente di evitare inutili attese prima che l’acqua calda arrivi ai rubinetti. Il sistema, tuttavia, deve essere progettato con attenzione per evitare inutili dispersioni termiche e consumi elettrici eccessivi. Gli impianti moderni prevedono centraline domotiche in grado di attivare il ricircolo solo a orari preimpostati o su richiesta.

Un altro punto cruciale riguarda la protezione dal gelo. In zone montane o soggette a inverni rigidi, la miscela fluida all’interno del circuito solare contiene glicole propilenico o etilenico, che abbassa il punto di congelamento e protegge i collettori e le tubazioni da eventuali danni. L’impiego del glicole comporta però una manutenzione periodica: nel tempo, infatti, questo fluido tende a degradarsi e perdere efficacia, per cui è consigliabile sostituirlo ogni 4-5 anni.

Gli impianti a circuito chiuso rappresentano oggi lo standard tecnologico prevalente, perché garantiscono affidabilità, durata e sicurezza, specialmente nei contesti più esposti alle intemperie o in cui sia necessario evitare la formazione di calcare nel circuito primario.

 

  1. Efficienza E Funzionamento Del Sistema A Circolazione Forzata

Quando si parla di impianti solari termici a circolazione forzata, bisogna evidenziare che il cuore pulsante del sistema è la centralina elettronica, che agisce come cervello operativo tra il pannello e il serbatoio. I sensori di temperatura, installati strategicamente all’interno dei collettori e del serbatoio, rilevano costantemente il delta termico tra i due ambienti.

Quando la temperatura del fluido all’interno del collettore supera quella dell’acqua nel serbatoio per una soglia minima programmata (di solito 3-7°C), la centralina attiva la pompa, che mette in moto il fluido termovettore per trasferire il calore accumulato. Quando il delta si riduce sotto una soglia minima, la pompa viene spenta, evitando inutili dispersioni o raffreddamento dell’acqua già calda nel serbatoio.

Uno dei grandi vantaggi della circolazione forzata è la modularità del sistema. In un serbatoio possono essere presenti più serpentine, collegate ad altre fonti di calore come caldaie a condensazione, pompe di calore o termocamini. Questo consente di avere una vera e propria integrazione energetica tra diverse tecnologie, garantendo sempre la disponibilità di acqua calda, anche in caso di giornate piovose o molto fredde.

Un ulteriore optional interessante è l’inserimento di una resistenza elettrica integrata, alimentata in parte dal fotovoltaico se presente, che può entrare in funzione in condizioni di emergenza, ad esempio in pieno inverno, nelle giornate di nebbia persistente o quando è prevista l’assenza prolungata del Sole.

Grazie a questa flessibilità, oggi un impianto a circolazione forzata può coprire tra il 60% e l’80% del fabbisogno annuo di acqua calda sanitaria di una famiglia tipo, con punte ancora maggiori nelle regioni del Sud Italia.

 

  1. Circuiti Aperti E Chiusi: Confronto Tecnologico E Implicazioni Pratiche

La distinzione tra impianti a circuito aperto e a circuito chiuso ha profonde implicazioni sia in fase di progettazione che nella gestione quotidiana dell’impianto.

Nel circuito aperto, l’acqua che circola nei pannelli solari è la stessa che finisce nei rubinetti. Questo tipo di sistema è tecnicamente più semplice, economico e senza scambiatori, quindi più efficiente nel trasferimento diretto del calore. Tuttavia, è fortemente limitato dalle condizioni climatiche. Il rischio di congelamento nei mesi freddi e la possibilità di formazione di calcare all’interno dei collettori lo rendono poco adatto per l’uso in Italia centro-settentrionale. Inoltre, qualsiasi malfunzionamento o contaminazione nel circuito può compromettere direttamente l’acqua destinata all’uso sanitario.

Nel circuito chiuso, invece, come già accennato, i due fluidi (glicole nel circuito primario e acqua sanitaria nel secondario) sono completamente separati. Questo permette di lavorare in condizioni di maggiore sicurezza igienica e tecnica, a scapito però di una leggera perdita di efficienza dovuta al passaggio termico intermedio.

In Italia, gli impianti a circuito chiuso sono fortemente consigliati o richiesti dalle normative in materia di prevenzione legionella, soprattutto in edifici pubblici o commerciali. Le normative nazionali (come il D.Lgs. 28/2011 e i relativi aggiornamenti) spingono sempre più verso soluzioni professionali, integrate e con elevati standard di sicurezza.

Non bisogna infine dimenticare il ruolo della manutenzione, che nei circuiti chiusi è più articolata ma anche più prevedibile. I circuiti aperti, pur essendo più semplici, tendono a sporcarsi più velocemente e richiedono interventi più frequenti, soprattutto in presenza di acque dure.

 

  1. La Circolazione Naturale: Semplicità, Ma Non Ovunque

La circolazione naturale, rispetto a quella forzata, ha un innegabile fascino per la sua semplicità progettuale ed energetica. Il meccanismo è tanto semplice quanto efficace: il fluido termovettore, una volta riscaldato nel collettore, tende a salire spontaneamente verso l’accumulo posto in posizione più alta, dove cede il proprio calore all’acqua sanitaria.

L’intero processo avviene senza pompe, senza elettricità, senza centraline. Il consumo energetico è praticamente nullo, e ciò rende questi impianti particolarmente adatti in abitazioni isolate, case di campagna, rifugi o in tutte quelle situazioni in cui si desidera minimizzare le complicazioni tecniche.

Tuttavia, questo tipo di impianto presenta limiti strutturali importanti. Il serbatoio deve trovarsi sopra il livello del pannello, e questa esigenza architettonica non sempre è compatibile con edifici moderni o condominiali. Inoltre, la sensibilità alle perdite di carico limita fortemente la distanza tra pannello e serbatoio. Per questo motivo, i sistemi a circolazione naturale sono spesso compatti, con serbatoio collocato direttamente sul tetto, sopra i collettori.

Altro limite significativo riguarda la bassa flessibilità climatica. Nei mesi invernali, la circolazione naturale può essere insufficiente a garantire un corretto scambio termico, soprattutto se il Sole è debole o i pannelli sono parzialmente ombreggiati.

Infine, anche dal punto di vista estetico, la visibilità del serbatoio sul tetto può rappresentare un problema per alcuni contesti architettonici o paesaggistici.

 

Conclusione: Una Scelta Tecnica, Non Solo Economica

Scegliere tra un impianto solare termico a circolazione forzata e uno a circolazione naturale non è una questione di moda o di prezzo, ma un vero e proprio atto progettuale che deve tener conto di vincoli strutturali, climatici, igienici e funzionali.

Mentre la circolazione naturale può risultare perfetta per situazioni semplici e contesti rurali, la circolazione forzata rappresenta oggi la soluzione ideale per chi cerca efficienza, flessibilità e durabilità, specialmente in abitazioni moderne, zone fredde o edifici con esigenze complesse.

L’evoluzione tecnologica ha reso questi sistemi sempre più intelligenti, integrabili e affidabili, capaci di dialogare con altri impianti (come caldaie, pompe di calore e fotovoltaico), e di adattarsi ai consumi reali dell’utenza grazie a centraline smart e ricircoli efficienti.

In un’epoca in cui la transizione energetica è ormai un percorso obbligato, e il risparmio energetico si accompagna sempre più spesso al rispetto ambientale, scegliere il giusto impianto solare termico significa compiere una scelta consapevole e di valore a lungo termine.