1. Introduzione: il consumo invisibile delle pompe di calore
La pompa di calore è oggi uno degli apparecchi più diffusi nelle abitazioni e negli edifici commerciali per il riscaldamento, il raffrescamento e, in molti casi, anche per la produzione di acqua calda sanitaria. Grazie alla sua capacità di trasferire calore da una sorgente all’altra con un consumo elettrico relativamente ridotto rispetto all’energia termica prodotta, viene considerata una tecnologia ad alta efficienza energetica e un pilastro della transizione energetica verso sistemi a basse emissioni.
Tuttavia, c’è un aspetto meno conosciuto di cui raramente si parla: il consumo in standby. Questo termine indica l’energia elettrica assorbita dalla pompa di calore quando è apparentemente “spenta”, cioè quando non sta erogando calore o freddo, ma resta in attesa di un comando o mantiene attivi alcuni sistemi interni.
Molti utenti credono che un apparecchio “spento” non consumi nulla, ma nella realtà, proprio come accade con televisori, computer e router, esiste un assorbimento di fondo. Nel caso delle pompe di calore, questo consumo può variare sensibilmente in base al modello, alla configurazione, alle funzioni attive e perfino alla temperatura esterna.
In un contesto in cui ogni chilowattora risparmiato conta, comprendere e ridurre il consumo in standby non è una questione marginale, ma può contribuire a ridurre i costi in bolletta e migliorare l’impatto ambientale complessivo del sistema.
2. Come funziona il consumo in standby
Per capire quanto una pompa di calore possa consumare in standby, è necessario prima conoscere quali componenti rimangono attivi anche quando il sistema non sta funzionando a pieno regime. In genere, il consumo deriva da una combinazione di elementi elettronici, controlli e sistemi ausiliari che restano alimentati per garantire un riavvio rapido e sicuro.
Nella maggior parte dei modelli, restano attivi:
- Centralina di controllo e schede elettroniche, necessarie per ricevere segnali da termostati o sistemi di gestione domotica.
- Circuiti di comunicazione con unità interne o esterne, soprattutto nei sistemi split o multisplit.
- Resistenze antigelo (detti anche “crankcase heater” nei compressori), che impediscono il congelamento dell’olio o dei fluidi in condizioni di freddo intenso.
- Sistemi di monitoraggio remoto, presenti nei modelli con connessione Wi-Fi o Modbus, che permettono il controllo via app o da sistemi BMS (Building Management System).
- Memoria e alimentazione dei sensori interni per rilevare variazioni di temperatura o umidità.
L’assorbimento tipico in standby può oscillare da 1 a oltre 50 watt, a seconda delle funzioni attive. In alcuni casi, specialmente nei periodi invernali, il consumo può salire in modo consistente se è presente una resistenza anticongelamento del compressore che resta accesa per molte ore.
Ecco un esempio pratico:
- Un consumo di 20 W in standby per 24 ore significa 0,48 kWh al giorno.
- Su base annua, parliamo di circa 175 kWh.
- Con un costo medio di 0,25 €/kWh, l’incidenza annua può superare i 43 euro, senza che la pompa abbia effettivamente prodotto calore o freddo.
3. L’impatto economico e ambientale
Molti potrebbero pensare che una cifra di poche decine di euro l’anno sia trascurabile, ma in un’ottica di efficienza complessiva, ogni watt conta. Per un singolo utente, la spesa può sembrare limitata, ma se si considera un intero condominio con dieci pompe di calore, o un’azienda con decine di unità installate, il consumo totale in standby può raggiungere centinaia o migliaia di kilowattora annui.
Sul piano ambientale, ogni chilowattora consumato in standby corrisponde a una certa quantità di CO₂ immessa in atmosfera, legata alla produzione di energia elettrica. Anche nei paesi con un’alta quota di energia rinnovabile, ridurre i consumi passivi contribuisce a liberare risorse energetiche e ridurre la necessità di produrre elettricità nei momenti di picco.
Inoltre, con i prezzi dell’energia elettrica che negli ultimi anni hanno subito oscillazioni importanti, i consumi “nascosti” diventano ancora più rilevanti. Ridurre il consumo in standby non significa solo abbassare la bolletta, ma anche aumentare la vita utile dell’apparecchio, poiché alcune componenti elettroniche, restando alimentate continuamente, sono soggette a usura termica ed elettrica.
4. Fattori che influenzano il consumo in standby
Il consumo in standby di una pompa di calore può dipendere da diversi fattori tecnici e ambientali. Analizziamoli nel dettaglio:
- Tipo di pompa di calore
Le pompe di calore aria-aria tendono ad avere un assorbimento in standby più basso rispetto a quelle aria-acqua o geotermiche, perché queste ultime gestiscono sistemi idraulici più complessi con pompe di circolazione e resistenze di mantenimento attive. - Marca e modello
I costruttori più attenti all’efficienza hanno ottimizzato le schede elettroniche e i sistemi di monitoraggio per ridurre i consumi a pochi watt. Altri modelli meno recenti possono avere assorbimenti più alti. - Funzioni attive
Se la connessione Wi-Fi, la diagnostica remota o il mantenimento in temperatura dell’olio del compressore restano sempre attivi, il consumo aumenta. - Condizioni climatiche
Nei climi freddi, la resistenza anticongelamento può restare accesa per lunghi periodi, portando il consumo standby a livelli significativamente più alti nei mesi invernali. - Modalità di installazione e gestione
Un impianto con controlli centralizzati può spegnere realmente l’alimentazione in certi periodi, riducendo quasi a zero il consumo, mentre un impianto con alimentazione continua non lo fa.
5. Come ridurre il consumo in standby
Ridurre il consumo in standby di una pompa di calore non significa comprometterne il funzionamento o la sicurezza, ma richiede attenzione nella gestione e, talvolta, una configurazione più intelligente dell’impianto.
Alcune strategie includono:
- Spegnimento totale dell’alimentazione nei periodi di lunga inattività, ad esempio in estate per pompe di calore usate solo in inverno, o viceversa.
- Aggiornamento del firmware e delle impostazioni, in quanto molti costruttori hanno introdotto modalità di “low standby” nei modelli recenti.
- Installazione di timer o interruttori smart, che possono togliere corrente in determinate fasce orarie.
- Scelta di modelli con standby ottimizzato, informandosi già in fase di acquisto sui consumi dichiarati.
L’obiettivo non è azzerare del tutto il consumo in standby — spesso impossibile per motivi tecnici — ma portarlo a un livello trascurabile rispetto al consumo totale annuo.