Si Può Usare Pellet Di Legno Non Certificato?

1. Il Pellet Di Legno: Un’Energia Rinnovabile Sempre Più Diffusa

Negli ultimi due decenni il pellet di legno è passato da combustibile “di nicchia” a vera e propria alternativa ecologica alle fonti fossili per il riscaldamento domestico. Utilizzato in stufe, termostufe e caldaie, il pellet è oggi al centro di politiche energetiche che mirano alla riduzione delle emissioni climalteranti, all’efficienza energetica degli edifici e all’indipendenza energetica delle famiglie. In particolare, grazie ai bassi costi di gestione e alla facilità d’uso, il pellet ha trovato grande diffusione soprattutto in aree montane o collinari non raggiunte dalla rete del gas metano.

Il pellet si ottiene dalla pressatura di segatura e trucioli di legno essiccati, senza l’aggiunta di collanti chimici. Questo lo rende un biocombustibile naturale, a condizione che provenga da filiere controllate e che non contenga sostanze inquinanti o materiali di scarto. La qualità del pellet, tuttavia, non è sempre garantita, soprattutto nel caso di prodotti non certificati.

È proprio su questo punto che si innesta una delle domande più frequenti tra gli utilizzatori di stufe e caldaie a pellet: si può usare pellet non certificato? La risposta è più complessa di quanto si possa immaginare, poiché tocca aspetti legali, tecnici, ambientali e sanitari. Un pellet economico e apparentemente funzionale potrebbe infatti nascondere insidie pericolose, non solo per l’apparecchio in cui viene bruciato, ma anche per la salute degli occupanti dell’abitazione.

2. Certificazioni Del Pellet: Cosa Sono E Perché Sono Importanti

Le certificazioni del pellet servono a garantire che il prodotto rispetti determinati standard qualitativi, ambientali e di sicurezza. Le principali certificazioni riconosciute a livello europeo sono ENplus, DINplus e Pellet Gold. Questi marchi non certificano solo la materia prima, ma anche il processo produttivo, la filiera logistica, il contenuto energetico e il livello di emissioni inquinanti del pellet.

Il pellet ENplus A1, ad esempio, rappresenta lo standard più elevato oggi disponibile sul mercato. È caratterizzato da un contenuto di umidità inferiore al 10%, una quantità di ceneri molto bassa (inferiore allo 0,7%) e un potere calorifico minimo di 4,6 kWh/kg. Le stufe e le caldaie moderne, progettate per rispettare gli standard ecodesign e limitare le emissioni, sono generalmente ottimizzate per funzionare con pellet di questa qualità.

Utilizzare pellet non certificato, quindi, significa introdurre nel sistema un combustibile che potrebbe non rispettare questi parametri. Potrebbe contenere livelli eccessivi di umidità, ceneri, cloro o metalli pesanti, tutti elementi che possono ridurre il rendimento della combustione, intasare i bruciatori e le canne fumarie, aumentare i rischi di incendio e generare fumi pericolosi.

Tuttavia, la legge italiana non vieta esplicitamente l’utilizzo di pellet non certificato a uso domestico, salvo specifiche indicazioni nei libretti di uso e manutenzione degli apparecchi installati. Ma ciò non significa che sia consigliabile farlo, né che sia sempre legale in ogni contesto, soprattutto quando sono coinvolti incentivi pubblici o quando si hanno obblighi ambientali da rispettare.

3. Aspetti Normativi: Quando Il Pellet Deve Essere Certificato Per Legge

Uno dei principali motivi per cui si consiglia di usare pellet certificato riguarda la possibilità di accedere agli incentivi statali per l’efficientamento energetico. Infatti, dal 2021 in poi, la normativa italiana ha introdotto nuove regole che legano l’ottenimento di agevolazioni fiscali e di contributi GSE (come il Conto Termico) al rispetto di standard ambientali precisi.

Per accedere al Conto Termico, ad esempio, non basta installare una stufa o una caldaia a biomassa moderna: è anche necessario dimostrare che l’impianto utilizza combustibili di qualità certificata. Più precisamente, per impianti domestici a biomassa fino a 35 kW, il pellet deve essere conforme almeno alla classe A1 della norma UNI EN ISO 17225-2, ovvero il pellet più pulito e performante disponibile. Lo stesso vale per le caldaie a pellet fino a 500 kW installate in ambito pubblico.

Questo vincolo implica che l’utente finale deve essere in grado di fornire fatture o scontrini parlanti che attestino l’acquisto di pellet certificato. In caso contrario, il GSE può rifiutare il contributo o chiedere la restituzione di quanto già erogato.

Inoltre, alcune regioni italiane hanno introdotto limitazioni locali all’uso di pellet non certificato o di apparecchi a biomassa di bassa qualità ambientale. In Lombardia, ad esempio, è vietato utilizzare stufe con meno di 3 stelle ambientali nelle aree soggette a regolamenti contro l’inquinamento da PM10. Ma anche in Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte esistono restrizioni analoghe. Tali norme regionali spesso impongono l’uso esclusivo di pellet di classe A1 certificato, pena sanzioni amministrative o il divieto d’uso dell’impianto.

Quindi, sebbene non esista un divieto assoluto e generalizzato, l’utilizzo di pellet non certificato può invalidare l’accesso agli incentivi, violare regolamenti regionali e compromettere la conformità ambientale degli impianti, con conseguenze legali, economiche e tecniche tutt’altro che trascurabili.

4. Rischi Tecnici E Sanitari Del Pellet Non Certificato

Un altro aspetto spesso sottovalutato riguarda le conseguenze tecniche e sanitarie dell’uso di pellet non certificato. A prima vista, un sacco di pellet può sembrare simile a un altro: granulometria analoga, colore simile, magari anche prezzo più conveniente. Ma è proprio qui che si annidano i rischi.

Un pellet non certificato potrebbe derivare da legno trattato, da scarti industriali o da legname contenente vernici, colle o impregnanti chimici. Queste sostanze, una volta bruciate, generano fumi altamente tossici che possono rilasciare in atmosfera formaldeide, benzene, diossine e altre sostanze cancerogene. In un’abitazione priva di VMC (ventilazione meccanica controllata) o di un buon ricambio d’aria, l’accumulo di queste sostanze può diventare un pericolo reale per la salute degli occupanti, soprattutto per bambini e anziani.

Anche a livello tecnico, il pellet di bassa qualità può compromettere seriamente il funzionamento dell’impianto. Le ceneri, se in eccesso, possono intasare il crogiolo, danneggiare la resistenza di accensione, ridurre il tiraggio della canna fumaria e aumentare il rischio di ritorni di fiamma. Inoltre, un pellet troppo umido abbassa drasticamente il rendimento calorico e costringe la stufa o la caldaia a lavorare più a lungo per raggiungere la temperatura desiderata, con conseguente aumento dei consumi, del rumore e dell’usura dei componenti meccanici.

Infine, la garanzia dell’impianto potrebbe non coprire i danni provocati dall’utilizzo di combustibili non conformi. Molti produttori specificano chiaramente nei libretti tecnici che l’uso di pellet non certificato annulla la garanzia sul bruciatore, sulla coclea o sull’intero apparecchio. E in caso di incendio, le assicurazioni potrebbero non risarcire i danni se l’origine viene attribuita a combustibile di qualità scadente.

5. Quando Ha Senso Usare Pellet Non Certificato?

Nonostante le problematiche descritte, è lecito domandarsi se ci siano contesti in cui l’uso di pellet non certificato possa essere considerato accettabile. In linea teorica, un pellet non certificato potrebbe comunque essere di buona qualità, sebbene privo del riconoscimento ufficiale. Questo accade soprattutto nei piccoli impianti artigianali locali, dove il produttore utilizza materia prima pulita e tracciabile, ma non ha i mezzi economici per certificare ufficialmente il prodotto secondo gli standard europei.

In casi del genere, un utente esperto e consapevole potrebbe valutare il pellet basandosi su parametri oggettivi: contenuto di umidità, percentuale di ceneri, odore naturale, consistenza omogenea, assenza di polveri nel sacco, assenza di additivi chimici. Ma si tratta pur sempre di una valutazione empirica, che non può offrire le stesse garanzie delle certificazioni riconosciute.

È anche vero che in alcuni contesti rurali, dove si utilizzano impianti di vecchia generazione non soggetti a controlli ambientali o a incentivi, l’uso di pellet non certificato è prassi consolidata, soprattutto per ragioni economiche. Tuttavia, la direzione normativa e tecnologica va sempre più verso l’obbligo di utilizzare combustibili certificati e impianti ad alta efficienza, nell’ottica della transizione ecologica.

In ogni caso, anche nei contesti meno regolamentati, è altamente sconsigliabile utilizzare pellet di provenienza ignota, privo di qualsiasi etichetta o documentazione. I rischi, come visto, non sono solo normativi, ma anche tecnici e sanitari. In un mercato che punta alla qualità e alla sostenibilità, scegliere un pellet certificato rappresenta oggi una tutela per l’ambiente, la salute e il portafoglio.

6. Considerazioni Finali: Sostenibilità E Responsabilità Nell’Uso Del Pellet

Il dibattito sull’uso del pellet non certificato va inquadrato in un contesto più ampio, che riguarda la sostenibilità delle scelte energetiche e la responsabilità degli utenti. Se è vero che il pellet rappresenta una risorsa rinnovabile, è altrettanto vero che non tutto il pellet è uguale, né lo è l’impatto ambientale della sua combustione.

La certificazione del pellet non è solo un bollino di qualità, ma anche una garanzia ambientale. Un pellet prodotto da legno vergine, senza contaminanti, e trasportato con logistica efficiente, ha un’impronta di carbonio significativamente più bassa rispetto a un pellet ottenuto da scarti industriali o trasportato su lunghe distanze senza tracciabilità.

Inoltre, la qualità del pellet incide direttamente sulla durata e l’efficienza dell’impianto. Un impianto ben mantenuto, alimentato con combustibile pulito, produce meno emissioni, consuma meno energia e richiede meno manutenzione. Questo si traduce in un risparmio economico nel lungo periodo e in un contributo concreto alla riduzione dell’inquinamento atmosferico, un tema cruciale in molte aree urbane e montane del nostro Paese.

Alla luce delle attuali politiche climatiche europee e italiane, che puntano alla decarbonizzazione del settore residenziale entro il 2030, l’utilizzo di pellet certificato diventerà sempre più una necessità, e non solo una scelta. Le famiglie, i progettisti, i manutentori e i rivenditori dovranno fare i conti con un mercato in cui la qualità ambientale sarà un requisito imprescindibile per vendere, installare o utilizzare sistemi di riscaldamento a biomassa.

In conclusione, anche se la legge italiana non vieta esplicitamente l’uso di pellet non certificato, farne uso significa assumersi rischi concreti sul piano tecnico, ambientale e legale. È possibile che in situazioni particolari, controllate e informate, un pellet non certificato possa offrire buone prestazioni. Ma nella maggior parte dei casi, soprattutto in ambito urbano e residenziale, il consiglio degli esperti è chiaro: scegliere pellet certificato è una scelta di responsabilità, non solo per la propria sicurezza, ma anche per il futuro energetico del Paese.